SIX ISLANDS IN A SEA OF DEATHS. Il mondo sta diventando un cimitero? #Mostra collettiva Internazionale

Gli Artisti di tre  continenti Mauro Di Girolamo, Baye Gaye, Jean paul Palancher, Chips Mackinolty, riflettono e si esprimono sui grandi temi di attualità, ognuno con la sua tecnica : pittura, foto, illustrazione , fumetto. Incontro avvenuto a Palermo nel 2014.
Gli Artisti di tre continenti Mauro Di Girolamo, Baye Gaye, Jean paul Palancher, Chips Mackinolty, riflettono e si esprimono su grandi temi di attualità, ognuno con la sua tecnica: pittura, foto, illustrazione, fumetto. Palermo, 2014.

 

Sei isole in un mare .

Dal 29 Giugno al 5 Luglio 2014 – Chiostro della Chiesa di San Domenico, Palermo

A cura di MAURO DI GIROLAMO

 

 

“Sei isole in un mare di morti: il mondo sta diventando un cimitero?” è il doloroso titolo della mostra a cura del siciliano Mauro Di Girolamo, ideata in collaborazione con l’artista australiano Chips Mackinolty e ad un collettivo d’artisti, eterogeneo per formazione, esperienze e tecniche d’espressione, composto da Giovanni D’alessandro, Baye Gaye, Jean-paul Palancher, Simona Traina, Alessandro Licata, e Viviana Spanò e la collaborazione di Dino Ignone per il progetto grafico della locandina.
La mostra incentra la sua riflessione su ciò che sperimentano le persone in fuga dai loro paesi d’origine nel tentativo di ricercare salvezza. L’arrivo in altri luoghi, infatti, non è necessariamente una liberazione: accade che la possibilità di fuggire all’oppressione e alla povertà si tramuti sempre più in quella di una lotteria macabra di mera sopravvivenza, nella migliore delle ipotesi.
Nella migliore, sì: perché non ci si può dimenticare della tragedia, della carcerazione, della morte che soggiungono quando quei desideri falliscono.
Queste persone attraversano il mare con mezzi precari, spesso senza sapere nemmeno nuotare. Un flusso e riflusso di una massa di atomi. Corpi, occhi, e lacrime che hanno l’energia di attraversare le porte dell’inferno. Il primo inferno che sono costretti a superare è quello interno, a volte intimo e familiare: donne violentate, ricattate, vendute, bambini arruolati come soldati. Il secondo inferno è trovare il denaro per potersi imbarcare. Il terzo inferno è riuscire a sopravvivere in mare, alle intemperie. Il quarto inferno, se approdati, è trovare una sistemazione, una casa, un lavoro, nella migliore delle speranze un ipotetico futuro.
Come si può essere indifferenti a tutto ciò?
In un percorso emozionante, la denuncia di questa esposizione è contro coloro che pensano che gli “altri” siano diversi da “noi”, contro coloro che pensano che non ci sia abbastanza spazio per tutti.
Se si guarda alla storia, il movimento dei popoli è perenne e continuo: siamo tutti figli di questa Terra e di questo mare. E tutti noi nasciamo da una placenta, che è un elemento liquido, per poi approdare sulla terra e trascorrervi il resto dell’esistenza. Il mare, che da sempre rappresenta l’inconscio, l’archetipo dell’anima, è un universo senza frontiere: nasconde in sé continenti, catene montuose e abissi inesplorati, dove l’uomo non sogna d’andare.
Molte isole, in entrambi emisferi del globo, sono attualmente protagoniste di questi eventi: questa mostra vuole focalizzare l’attenzione su territori profondamente diversi per storia, cultura, dimensioni e geografia, come la Sicilia, e in particolar modo Lampedusa, l’Australia e la sua Christmas Island, la piccola indipendente nazione di Nauru, e l’isola di Manus in Papua Nuova Guinea.
A livello mondiale, negli ultimi dieci anni le persone migranti sono aumentate di 64 milioni di unità. E ancora aumenteranno.
Che non sia, dunque, nell’indifferenza.

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